Allieve del M° barbagallo, Karate Wado Ryu presso la Fondazione "La Città Invisibile" di Catania
Il karate e le arti marziali tradizionali potenziano le facoltà del cervello di Ashleigh Johnstone (Tratto e tradotto da questo articolo sul The Independent)
Allenamento per istruttori al Renshin Kan dojo di Weinfelden, Svizzera. Siamo tutti consapevoli dei molti vantaggi dell’attività motoria, come il miglioramento della forma fisica e della forza. Ma cosa sappiamo degli effetti specifici dei vari tipi di attività? I ricercatori hanno già dimostrato che, per esempio, il jogging può aumentare l’aspettativa di vita, mentre lo yoga ci rende felici. Tuttavia, esistono attività che vanno oltre il miglioramento della salute fisica e mentale: le arti marziali, infatti, possono anche aumentare le capacità di elaborazione e apprendimento del cervello. I ricercatori dicono che ci sono due modi per migliorare l’attenzione: attraverso l’addestramento dell’attenzione (AT – Attention Training) e l’addestramento sullo stato di attenzione (AST – Attention State Training). L’AT si basa sulla pratica di un’abilità specifica e sul miglioramento di quell’unica abilità, non di altre. Per esempio, utilizzando un videogioco per l’allenamento mentale. L’AST, d’altra parte, permette di entrare in uno stato mentale specifico che consente una maggiore concentrazione. Questo può essere fatto attraverso la meditazione o lo yoga, tra le altre cose. È stato ipotizzato che le arti marziali siano una forma di AST e, a sostegno di questa tesi, recenti ricerche hanno dimostrato un legame tra pratica marziale e vigilanza migliorata. Sostenendo ulteriormente questa idea, un altro studio ha dimostrato che la pratica delle arti marziali, in particolare del karate, è legata a prestazioni migliori nelle attività che richiedono la cosiddetta attenzione divisa, ovvero la capacità di svolgere due o più mansioni nello stesso momento (multitasking). Si tratta di test in cui la persona deve tenere a mente due differenti regole e rispondere ai segnali in base al fatto che siano uditivi o visivi. In uno studio statunitense, ai bambini di età compresa tra gli otto e gli undici anni è stato assegnato il compito di seguire corsi di arti marziali tradizionali incentrati sul rispetto delle altre persone e della difesa personale come parte di un programma anti-bullismo. Ai bambini è stato anche insegnato come mantenere un adeguato livello di autocontrollo nelle situazioni critiche. I ricercatori hanno scoperto che l’allenamento nelle arti marziali ha ridotto il livello di aggressività nei ragazzi e che erano più propensi ad intervenire in aiuto di qualcuno che era stato vittima di bullismo rispetto a prima di prendere parte all’addestramento. […] È interessante notare che questo effetto anti-aggressione non è limitato ai bambini piccoli. Un’altra ricerca ha riscontrato una riduzione dell’aggressività fisica e verbale, così come l’ostilità, anche negli adolescenti che praticavano le arti marziali. […] Dato che molti scienziati stanno ora esaminando i legami tra benessere emotivo e salute fisica, è fondamentale notare che le arti marziali hanno dimostrato di migliorare anche il benessere emotivo di una persona. Nel corso di un’ulteriore ricerca, quarantacinque adulti di età compresa tra i sessantasette e i novantatré anni sono stati divisi in tre gruppi e invitati, rispettivamente, a prendere parte a un addestramento di karate, a un addestramento cognitivo e a un normale addestramento fisico di tipo occidentale, per un minimo di tre e un massimo di sei mesi. Pratica dei Tantodori, difesa tradizionale da coltello Gli adulti nel gruppo del karate hanno mostrato livelli più bassi di depressione dopo il periodo di allenamento rispetto ad altri gruppi, forse a causa del suo aspetto meditativo. È stato anche riferito che questi adulti hanno anche mostrato un maggiore livello di autostima, dopo il periodo di allenamento. Dopo aver confrontato un gruppo di controllo sedentario con un gruppo di persone che praticavano il karate, alcuni ricercatori italiani hanno scoperto che il karate può migliorare la memoria di lavoro. Hanno impiegato un test che comportava la memorizzazione e la ripetizione di una serie di numeri, sia nell’ordine corretto che all’indietro, che sono aumentati di difficoltà fino a quando il partecipante non è stato più in grado di continuare. Il gruppo del karate era molto più bravo in questo compito rispetto al gruppo di controllo, nel senso che potevano ricordare e ripetere più serie di numeri. Un altro progetto ha trovato risultati simili confrontando la pratica marziale con il comune esercizio di tipo occidentale (allenamento di forza, durata e resistenza). Evidentemente, c’è molto di più del semplice allenamento, nelle arti marziali. Sebbene siano state praticate per autodifesa e sviluppo spirituale per molte centinaia di anni, solo di recente i ricercatori dispongono degli strumenti scientifici per valutare la reale portata che queste pratiche hanno sul cervello. Ashleigh Johnstone è ricercatore in Neuroscienze cognitive presso la Bangor University. La sua tesi di dottorato si intitola “Cognitive changes associated with martial arts practice – I cambiamenti cognitivi associati alla pratica delle arti marziali”.